di Duilio Morosini (26/11/1958)
E' uscita in questi giorni, presso l'editore Vallecchi, una biografia del pittore scritta dalla figlia Jeanne. Il libro ha un centinaio di pagine di testo, una ventina di pagine di biografia; contiene 53 foto di carattere documentario e 100 tavole (di cui 16 a colori) riproducenti pitture, sculture e disegni dell'artista. E' una monografia d'arte in fondo; per la veste editoriale e per il duplice aspetto del testo, che oscilla tra il documento e il saggio. Non ha niente da spartire, insomma, con libri didascalici, o ritratti sentimentali, quali, per esempio, un «Gauguin, mio padre » di Pola Gauguin. Anzi, è il caso di dire che, in questo senso, pecca per eccesso, per quel suo sottolineare polemicamente la consapevolezza di quanto possa essere pesante e « pericoloso » chiamarsi Modigliani. Per questa consapevolezza e per quella della propria immaturità, Jeanne rinunciava al progetto a vent'anni, appena giunta a Parigi, nel '39, allorché tanti uomini che avevano frequentato Modigliani erano ancora vivi. Negli anni successivi, pubblicava, su dei periodici, articoli di critica d'arte dedicati ad altri pittori. Nel '52, ostacoli insormontabili sollevati dai parenti di Van Gogh le impedivano di portare a termine una biografia critica dell'artista olandese. A chi le obbiettava che minori « difficoltà » si sarebbero frapposte ad un analogo studio su Modigliani rispondeva di aver pensato prima a Van Gogh perchè Van Gogh la « interessava più di Modigliani ». Nel frattempo quelle difficoltà crescevano, delle occasioni andavano perdute. E' così che oggi Jeanne deve constatare che « una biografia completa e documentata » di Modigliani « non l'avremo mai ». Quel che abbiamo, però, con questo « Modigliani senza leggenda » è un libro che contiene una certa somma di "indicazioni", soprattutto per quanto riguarda gli anni che hanno preceduto la partenza del pittore per Parigi. Indicazioni che permettono di accostare in modo meno approssimativo il ritratto dell'uomo-Modigliani ai caratteri e le contraddizioni della sua opera d'artista. Confrontato con un certo numero di testimonianze e documenti il profilo del « peintre maudit » quale lo hanno tracciato i suoi biografi francesi, perde, infatti, la suggestiva ma falsa evidenza dei suoi contorni. Per capire il rapporto tra gli eccessi dell'uomo e l'equilibrata ambizione allo stile che caratterizza la sua opera, bisognerà rinunciare, constata Jeanne, alla suggestione di quel profilo. Non si tratterà soltanto di inquadrare quegli «eccessi» nella scapigliatura parigina dell'epoca. Si tratterà soprattutto di soffermarsi sulla gioventù e l'educazione dell'artista e, su quella base, coordinare tra di loro le componenti naturali e le componenti culturali di quel disordine e di quell'ambizione. Le testimonianze e i documenti « familiari », per frammentari che siano, dicono, per cominciare, che Modigliani non è certo giunto a Parigi così sprovveduto, così esposto a tutte le avventure dello spirito, come hanno voluto e vogliono gli autori della sua « leggenda »: Caratteri e vizi impressi da una determinata educazione e da una determinata cultura marcano nettamente, sin da allora, la sua personalità. Testimonianze e documenti familiari indicano tra le prime letture filosofiche del giovane Amedeo quella di Nietzsche e di Bergson. In famiglia si pratica il rito ebraico, ma si considera, anche, segno di spregiudicatezza, di « aristocrazia» da liberi pensatori il proporre all'ammirazione del giovane l'esempio di Spinoza e l'« eroismo » di Uriel Acosta « tre volte scomunicato e finalmente suicida davanti al suo Trattato dell'Ateo ». L' opera dell'illuminista Mendelsohn ha per compagni, nello « scaffale » di una stessa ideale biblioteca i ricordi dell'anarchico principe Kropotkin ed i suoi opuscoli sul Pane e stilla Ragazza-madre. Vizi e « correttivi » si alternano nelle stesse letture di poesia e di prosa le quali mescolano e sovrappongono D'Annunzio e Lautreamont, Oscar Wilde e Baudelaire. In arte si succedono, nel giro di pochi anni, la frequentazione delle scuole di Micheli e di Fattori, il paesaggismo « en plein air » nella campagna toscana, l'ammirazione per i pre-rafaelliti (e, più tardi, l'interesse per il liberty e per là scultura di Elia Nadelmann), cui faranno da « correttivi » lo studio degli antichi nei musei italiani, la passione per la scultura romanica e per la pittura senese. Questa è l'educazione del giovane artista, al suo arrivo a Parigi. Queste sono le contraddizioni dentro le quali egli cerca la sua strada quali emergono dal libro di Jeanne. Romanticismo d'accatto e romanticismo colto alle fonti. Spirito anarchico e spirito laico e progressista. Stilismo e stile. Ad acuire queste contraddizioni in arte ed a seminare disordine nella vita, intervengono fattori psicologici non trascurabili. Nella famiglia Modigliani si incontrano, in linea ascendente, due casi di parenti afflitti da grave mania di persecuzione a tutta una « galleria » di estrosi personaggi, di « intelligenze acute, ma spesso disordinate e sterili » e marcate da grandi e difficoltà di adattamento sociale ». C'è, d'altra parte, lo stato di salute del giovane Amedeo, già scosso fisicamente al suo arrivo a Parigi. E c'è, infine, la passione per la scultura, la vocazione profonda per la scultura, perpetuamente e drammaticamente contrastate dalle difficoltà economiche e dalle precarie condizioni di salute. E' alla partenza dalla Toscana per Parigi che si arresta, praticamente, la inedita documentazione di questo e « Modigliani, senza leggenda ». Tutto ciò che riguarda la vita ed il lavoro dell'artista a Parigi (è l'autrice stessa ad ammetterlo) non può andare più in là della proiezione nel tempo di questi dati e della saltuaria rettifica a questo o quel tratto del mito creato dai biografi francesi. A partire da Parigi lo studio deve puntare prevalentemente, sulla lettura delle opere, sull'esame filologico delle opere e sul loro confronto con questi dati e con quelli, più generici, che emergono dalle note cronache d'arte parigine. Sulla lettura delle opere, si può essere o non essere d'accordo su questo o quel tentativo di interpretazione da parte di Jeanne Modigliani. Alludo, in particolare, a quel suo insistere sul carattere determinante dell'influenza esercitata dall'iconografia delle sculture di Tino da Camaino (e da quella della pittura senese del '300). L'interferenza - e non influenza determinante - di questi elementi di cultura artistica (introdotti da Modigliani nelle sue opere per saldare a le fratture artistiche, culturali e sociali dell'epoca) non è certo da sottovalutare. Ma si tratta, un po' come per i simbolisti e sintetisti francesi, di non attribuire a questa interferenza un'importanza maggiore di quella che bisogna attribuire al suo contesto. Nel caso specifico di Modigliani (e, più che mai, ai margini di questo stesso libro) sarebbe assai più interessante approfondire lo studio delle contraddizioni che una cultura generale ed una cultura artistica così eterogenee sollevano nel corso del processo creativo e nel tessuto della storia dell'arte contemporanea. Il « gusto dei primitivi » non è che uno degli aspetti di queste contraddizioni che nell'opera si esprimono in complesse antinomie. Si tratta di vedere se mai dopo un confronto con le espressioni più vitali della pittura e della scultura dell'epoca, fino a che punto esso non abbia contribuito ad irrigidire, al livello del linguaggio, le contraddizioni di fondo (sensualità e idealizzazione, passione per la verità e ambizione allo stile) dell'arte di Modigliani.
DUILIO MOROSINI