Era un giorno d'estate del 1916 quando buttò la cima un altro nato a Livorno, anche lui venuto da Parigi, che faceva acqua da tutte le parti.
Aveva il viso tondeggiante, la testa rasata come quella d'un evaso sì e no coperta da un berretto cui era stata strappata la visiera, giacchettina di tela e camicioletta scollacciata, pantaloni tenuti da una funicella legata alla vita e, ai piedi, le spardegne.
Altro paio di spardegne ciondolavano da una mano. Disse che era tornato a Livorno per amore della torta di ceci e di quella economica e comoda calzatura. Poi aggiunse: «Si beve?»; e chiese un assenzio. [...]
Mangiato la torta di ceci, calzato le spardegne, bevuto l'assenzio, Amedeo chiamato «Dedo» domandava un capannone e delle pietre per lastricare le strade, onde pensammo a qualche impresa urbanistica oppure a esercizi di sollevamento pesi.
Invece si trattava che «Dedo», partito pittore, tornava anche scultore, e faceva vedere delle riproduzioni di teste lunghe con certi nasoni, tutte ugualmente tristi. [...]
Poi come nebbia si dileguò, non senza prima chiedere dove poteva collocare le sculture che sembra avesse prodotte. Buttale nel fosso, gli fu consigliato. (Da G. Razzaguta, Virtù degli artisti labronici, Livorno, 1943, p.175)
Nessuno degli autori livornesi ha mai parlato di un Modigliani scultore nella sua città natale nel 1909, semmai durante il soggiorno successivo (data che tutti sbagliarono), in cui veniva collegata la leggenda, ormai famosa dopo il 1984, che vede Modigliani assecondare il consiglio degli "amici" artisti livornesi di gettare le sue sculture nei Fossi Medicei.
Il primo a trascrivere questa storia fu Gastone Razzaguta (1890-1950) nel 1943, lo seguì Silvano Filippelli (1919-1977) nel 1954 e poi ancora Aldo Santini (1922-2011) come si evince leggendo le sue pubblicazioni del 1984 e 1987. Gli autori Filippelli e Santini, ovviamente, non potevano aver conosciuto Modigliani (1884-1920), infatti non fecero altro che riportare quando scritto da Razzaguta anticipando l'episodio al 1915.
Ma se Razzaguta assicurava che questo episodio delle teste gettate nei fossi ebbe luogo nel 1916, perché gli artefici della "pesca miracolosa" cercavano le teste che Modigliani avrebbe gettato nei fossi nel 1909?
Alla risposta, carica di inesorabile ironia toscana: "buttale nei fossi!", si deve - forse - la leggenda metropolitana che nel 1984 aprirà la strada a una delle più assurde e oscure falsificazioni della storia dell'arte.
Questo sito ha come scopo quello di ripercorrere le tappe di quella che forse impropriamente viene ricordata come la "beffa del 1984", ma soprattutto riportare alla luce la storia di ben altre sculture, quelle fortunosamente recuperate da Piero Carboni nel 1943 tra le macerie della casa dei suoi parenti semi distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Tre teste in arenaria, su due delle quali è stata incisa una precisa datazione: 1909.
I contenuti di questo sito sono tratti dal libro "Amedeo Modigliani: le pietre d'inciampo - la storia delle vere teste di Modigliani"
Maurizio Bellandi