Roma, la trappola del falso Modigliani venduto a un americano: fermata una truffa da 9 milioni
02 febbraio 2019 Il quotidiano Repubblica pubblica una notizia relativa a un'inchiesta avviata dai PM romani riguardo a un altro falso Modì che stava per essere venduto a un facoltoso appassionato americano. Nove milioni di euro, questa è la cifra che l’acquirente Usa stava per versare sul conto del mediatore d’opere d’arte finito sotto inchiesta per falso e riciclaggio, per avere in cambio la Jeune femme à la guimpe blanche, il ritratto che dovrebbe raffigurare Simone Thiroux, una studentessa di medicina con cui il pittore intrecciò una relazione brevissima dalla quale, nel 1917, - si racconta - nacque Gèrald. L'acquirente, salvato è proprio il caso di dire, dall'intervento dei militari della sezione falsificazione del reparto operativo (coordinati dal colonnello Nicola Candido e dal capitano Fabio Castagna), aveva perfino sponsorizzato nel 2009, a Roma, un'esposizione "Amedeo Modigliani, un amore segreto" curata da Massimo Riposati e organizzata dal Modigliani Institut Archives Lègales Paris-Rome in collaborazione con i proprietari dell'opera, la famiglia Sidamon-Eristavi, concepita appositamente per la Jeune femme nella Sala Vanvitelli dell’Avvocatura Generale dello Stato: così facendo aveva ottenuto un diritto di prelazione nel caso la famiglia ungherese proprietaria avesse deciso di venderlo (e qui si aprirebbe un altro capitolo del giallo perché nella ricostruzione si fa riferimento a dubbi sulla proprietà magiara e si segnala che in rete c'è traccia di una contesa giudiziaria sul quadro). Intanto l’opera riposava, come un vero pezzo pregiato, in un caveau di una banca a piazza Venezia. Messo lì in letargo, nel cuore della Capitale, per accrescerne il valore ed essere poi definitivamente piazzato al ricco americano.
La notizia viene ripresa da Il Tirreno di Livorno che coglie l'occasione per ricordare altri episodi legati ai falsi Modigliani avvenuti quest'anno, come la truffa sventata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania che ha inviato a Forlì i militari dell'Arma presso l'abitazione di un professionista: quando escono dalla casa portano via un dipinto 70x40 dedicato a un volto di donna che il romagnolo aveva acquistato come un'opera autentica di Modigliani ma che per i magistrati si tratta di un falso (anche se è corredato dai pareri di esperti e studiosi di cui non vengono riportati i nomi). Qui è l'acquirente a battersi a suon di avvocati e carte bollate in nome della convinzione che il quadro sia effettivamente dell'artista livornese. Ovviamente nell'articolo de Il Tirreno si parla anche dello scandalo di Genova, scoppiato in seguito alle denunce di Carlo Pepi e Marc Restellini per le opere di Modigliani e da Marc Ottavi per quelle di Kisling, tesi poi convalidate dagli esperti nominati dalla Procura: Mariastella Margozzi, Isabella Quattrocchi, Marie-Pierre Etcheverry, Tiziana Mazzoni e infine dai Ris di Parma. Sempre nell'articolo si riportano altre prese di posizione di Carlo Pepi negli ultimi tempi: ad Arezzo, esposizone in cui rilevò un numero considerevole di falsi, a Spoleto dove dichiarò falso "la femme fatale" e alla recente mostra di Palermo in cui rilevò la presenza di due falsi dipinti oltre che sconosciuti (art 1 - 2). Intervistato, Carlo Pepi afferma che «qualunque opera ha quotazioni da capogiro e, eccetto me, non c'è nessuno che faccia sentire la propria voce e si batta contro quest'alluvione di falsari che fa comodo a troppi». Il collezionista Carlo Pepi, ricordato come l'unico esperto a non cadere in errore durante la beffa del 1984 (ma anche per aver autenticato tre sculture autentiche), aggiunge «mi perseguitano perché è un business miliardario». Perché - domanda il giornalista - questa bufera riguarda principalmente Modì? «Perché nessuno ne tutela il nome, è morto praticamente come un figlio di nessuno. E io, che sono l'unico al mondo a spendermi fino all'ultimo respiro per andare a caccia di falsi, vengo preso di mira. Eppure all'estero non è così: ma lo sapete che anche negli ultimi giorni mi sono arrivate più di dieci richieste per capire se questo o quel Modi è autentico o no? La colpa è di una cosa sola: l'assenza di una critica che sia in grado di non piegarsi ai diktat del mercato e degli arricchimenti facili». «Ho lasciato anche gli "Archivi", non andavo d'accordo con quel modo di fare».
Si riporta per esteso la conclusione dell'articolo di Mauro Zucchelli:
Del resto, il suo legale (e amico) avvocato Nino Filastò ne ha raffigurato le battaglie contro le macchinazioni di un esercito di falsari e di furbetti non solo nelle aule di tribunale ma anche in un romanzo giallo a chiave: si intitola "La notte delle rose nere" pubblicato da Mondadori nel '97: il riferimento è trasparente, visto che Carlo Pepi è di Crespina e il romanziere parla di una villa-museo a Crespinello che sembra tirata fuori pari pari dall'identikit di casa Pepi. Ma non sarà mica lui dietro il personaggio dello storico dell'arte Wayne James che nel libro finisce annegato nell'acqua sudicia del molo di Livorno? «No, - sorride Pepi - guardi invece alla figura del dottor Chirli: lo legga, dietro la fantasia da romanzo c'è qualcosa che non è solo finzione». Non c'è bisogno invece della fantasia d'uno scrittore per descrivere Pepi mentre risponde alle domande del Tirreno: è un fiume in piena. Se la prende perfino con un mostro sacro della critica d'arte come Roberto Longhi («avrebbe fatto meglio a comprarsi un manuale e mettersi a zappare le vigne prima di maltrattare così Fattori»). Già, Fattori. Non c'è solo Modigliani nel Pantheon di casa Pepi: «Ma possibile che debba venire un pisano a dire a voi livornesi che avete due fra i più grandi geni dell'arte?». Inutile dire che il riferimento è, appunto, a Modì e a Fattori. Ma se Modigliani è venerato da mezzo mondo e i suoi colli lunghi hanno stregato gli ultraricchi in grado di tirar fuori cento milioni per un quadro, Fattori è il grande dimenticato che Pepi vuol far tornare in auge: «I macchiaioli sono stati più importanti degli impressionisti francesi, e Fattori aveva aperto la frontiera dell'astrazione prima che lo facesse Kandinskij. Ma chi mi ascolta? Sono un Don Chiosciotte dell'arte».