Modigliani, gentiluomo dell'arte, di Paul Guillaume

Les Arts à Paris - novembre 1920

Poiché era molto povero e facile all'ubriachezza ogni volta che poteva, lo disprezzarono a lungo, anche nell'ambiente degli artisti dove certe forme di pregiudizi sono più radicate di quanto generalmente non si creda. Amedeo Modigliani nacque a Livorno; era ebreo e gli piaceva che si considerasse semitica anche la sua opera d'artista. Era timido, distinto, gran signore, ma i suoi abiti non ispiravano fiducia e se per caso qualcuno gli faceva l'elemosina, egli si mostrava alquanto seccato. E questo accadeva ancora sei anni fa. Non mi si contesterà che debolmente, spero, se affermo che tale triste situazione cessò dal momento in cui lo conobbi. Non che io sia stato il solo ad aver contribuito al benessere che, d'allora, egli conobbe; i seguaci sono numerosi quando non si tratta più di rischiare il primo passo di fronte alla generale ironia! Modigliani, che il pubblico inglese, sollecito come al solito, una volta presa una posizione, celebra ora al pari di un maestro moltiplicando i confronti più lusinghieri, i più eccessivi, e ribadendo il suo entusiasmo a colpi di assegni, al tempo di cui parlo stentava enormemente a vendere i suoi disegni a cinquanta centesimi o a un franco. Riusciva, piuttosto, a barattarli in cambio di aperitivi il cui abuso danneggiava la sua salute, della quale, d'altronde, nessuno si preoccupava.

Paul Guillaume, Novo Pilota, 1915. Musée de l'Orangerie, Parigi

In modo abbastanza singolare, era il protetto di una poetessa di qualità, Beatrice Hastings, che era stata cavallerizza di circo nel Transvaal e alla quale egli resta debitore di momenti burrascosi, persino drammatici. Di lei ci ha lasciato numerosi ritratti che bisognerà conoscere quando si scriverà la storia di questa esistenza in cui la passione ha avuto un ruolo così importante. Fu nel 1915 ch'egli lasciò Montparnasse per andare a stabilirsi in uno studio che presi in affitto per lui al n. 13 di rue Ravignan, in quella storica costruzione in legno che conobbe le ore difficili ed epiche di Picasso, di Max Jacob, del Doganiere Rousseau e di tanti pittori oggi più o meno celebri. Da quel momento, lasciò da parte la scultura, disegnò più di rado e si mise a dipingere, a dipingere come viveva, da sentimentale, da violento, da incostante, da scialacquatore, ed è di proposito che mi servo di quest'ultimo termine sottilmente caratteristico della straordinaria esistenza di Modigliani. Nel suo strano modo di vestire da straccione, aveva una indubbia eleganza, una distinzione, una nobiltà alla Milord d'Arsouille che stupivano e talora spaventavano. Bisognava sentirlo declamare ampollosamente versi di Dante davanti alla Rotonde, dopo la chiusura delle birrerie, sordo agli improperi dei camerieri, noncurante della pioggia che gli inzuppava le ossa. Questo pittore era, in effetti, poeta. Amava e giudicava la poesia, non alla maniera fredda e incompleta di un professore universitario, ma col suo spirito misteriosamente dotato per le cose sensibili e avventurose. Del resto, la sua natura era gustosamente biblica. Ricordo di essermi presentato nel suo studio un mattino in cui dormiva ancora; dovetti svegliarlo. Mi spiegò che aveva trascorso la serata e una parte della notte in turbolenta compagnia e mi pregò di sedermi, scusandosi di non poter parlarmi prima di essersi lavato. Accondiscesi. Modigliani prese allora una brocca di zinco, priva di manico, e che per lui sostituiva il vaso che le nostre nonne hanno l'abitudine di conservare in un mobiletto vicino al letto. Modigliani, che nottetempo si era servito della brocca, corse a vuotarla nel lavandino del corridoio e la riportò subito piena di acqua fresca. Mi confidò allora che era usanza semitica, alzandosi, lavarsi il più completamente possibile e che sciacquarsi la bocca con acqua fresca conferiva lucidità. Non fece a meno, quindi, di mandar giù qualche sorso dalla brocca notturna, cui fece seguito un'abbondante abluzione. I suoi disegni a matita, che egli sparse sconsideratamente, sono spesso ornati di reminiscenze poetiche o filosofiche; le sue rime improvvisate erano di una libertà "cocasse" . Ricordo questa:

Il y a dans le corridor
Un homme qui m'en veut à mort.

Oppure:
Ma plus belle maîtresse
C'est la paresse.


Morì miseramente in un pomeriggio d'inverno all'Hópital de la Pitié, e più di duecento amici l'accompagnarono al cimitero del Père-Lachaise, dove riposa. La sua giovane moglie si uccise alla notizia della sua morte. Lascia una figlia che sarà allevata in Italia.

PAUL GUILLAUME


Da: Enzo Maiolino (a cura di), Modigliani vivo, p. 169 ss