certificazioni ed expertise sulle opere di Amedeo Modigliani
Il tema scottante e sempre attuale sul 'vero o falso' nell'arte, cui è annesso il diritto di attribuzione di un'opera, è stato affrontato in maniera accurata da Federica Falchini, autrice de Gli ingredienti di un romanzo e noi spettatori bendati, prezioso scritto di presentazione al mio libro.
In sintonia con la storica dell’arte, aggiungo che il giudizio su un'opera d'arte non può essere relegato soltanto al 'verdetto' di qualche esperto non bene identificato o da metodi scientifici assai discutibili e talvolta messi facilmente in crisi dai falsari professionisti (basti pensare alle eterne querelles sui ritrovamenti più noti degli ultimi tempi, come i numerosi “Caravaggio”, i suoi disegni nella fattispecie o alcuni quadri di dubbio stile, che hanno lasciato perplesso più di un osservatore e nondimeno sono stati proposti in mostre ed eventi di grande risonanza pubblica e pubblicitaria). Occorre soprattutto compiere rigorosi e oculati accertamenti storici atti a rinvenire le origini dell’opera stessa, al fine di scongiurare ogni dubbio sulla sua autenticità, accettando l’eventualità di non incrementare il catalogo dell’artista in questione pur di creare il “caso dell’anno”, puntualmente sbandierato in occasione delle grandi retrospettive.
Quando poi si parla di Modigliani, uno degli artisti più falsificati al mondo (come di frequente accade per gli autori moderni e contemporanei), questa pratica diventa più che obbligatoria, giacché in circolazione c’è un'infinità di opere a lui attribuite e accompagnate pure da eccellenti certificati di autenticità ma la cui storia è pressoché impossibile da ricostruire. Oltre a questo, c'é da dire che la situazione del mercato di questo artista è diventata ancora più complicata in seguito alla tempesta che si è abbattuta sugli Archivi Legali dell'artista, uno scandalo che ha raddoppiato lo scetticismo generale sulla paternità delle opere attribuite a Modigliani tanto che ha visto 'unsold' le opere battute alle aste certificate dal suddetto Istituto successivamente all'arresto del suo presidente.
Il problema centrale relativo ai certificati di autenticità é subordinato dalla credibilità/fama, ma soprattutto dalla professionalità del soggetto che lo emette. Questo è un dato di fatto che trova ampie conferme nel modo di agire di proprietari o collezionisti in cerca di un riconoscimento ufficiale per le loro opere infatti, sapendo perfettamente che le case d'asta accettano solo opere accompagnate da certificatii di autenticità redatti da autorità riconosciute sull'artista oppure se incluse in cataloghi ritenuti affidabili, non perdono il loro tempo, né i propri soldi, con certi Istituti che rilasciano delle certificazioni che rislutano prive di ogni valore.
È impossibile non ricordare a questo proposito la famosa 'beffa' del 1984, evento in cui caddero in errore i più grandi storici dell'arte italiani, sia per capire che la capacità del saper "vedere", riconoscere e giudicare (attribuire o disattribuire), non sono attitudini relegabili a titoli o a cariche prestigiose né si possono verificare nei singoli esperti, sia per rendersi conto degli errori che possano nascere dagli expertise scientifici quando non vengono effettuati da persone competenti nel settore, visto che gli esperti incaricati dalla Soprintendenza di Pisa avallarono la possibilità che le teste ritrovate potevano essere rimaste nei fossi di Livorno per oltre 70 anni.
La quasi totalità degli storici dell'arte attuali sono restii ad occuparsi delle autenticazioni e rifiutano addirittura di guardare qualsiasi opera per il timore di sbagliare e quindi di perdere la propria credibilità, ma anche per paura di essere citati in giudizio da acquirenti o venditori infelici delle loro conclusioni; per le stesse ragioni anche coloro che detengono il diritto morale di attribuzione della paternità dell'opera, come eredi, archivi o fondazioni, hanno cessato l'attività di autenticazione, come ad esempio le Fondazioni Andy Wharol, Jean-Michel Basquiat, Roy Lichtenstein, Keith Haring, tanto per citarne alcune. Quando si parla di opere attribuite a Modigliani, la paura di sbilanciarsi diventa, per ovvi motivi, amplificata fino all'inverosimile! L'unico a cui non manca il coraggio di esporsi è Carlo Pepi le cui battaglie in nome dell'artista livornese sono ben note, e lo ha dimostrato anche nel mettere in discussione - ed è stato il solo fino ad ora - quel catalogo che le case d'asta ormai prendono per 'bibbia di Modigliani', ossia il Ceroni. Fu infatti Pepi nel 1984 ad accorgersi che la scultura identificata come Ceroni XIV è falsa perché non è la stessa testa che ritroviamo nella fotografia scattata nell'atelier Cardoso nel 1911. Negli anni successivi sono stati pubblicati dei volumi importanti su Modigliani scultore nei quali notiamo con meraviglia che la Ceroni XIV (proprietà Perls) è stata sostituita con la testa fotografata nell'atelier del pittore portoghese; e siccome in questo mondo dell'arte si tende a "scippare" le scoperte altrui, notiamo che nessuno ha citato Carlo Pepi come il primo esperto ad essersi accorto di questo abbaglio rimediato da Ambrogio Ceroni.
Ci sono alcune opere della cui autografia si può essere certi o quasi, quando il giudizio esperto viene suffragato dalla storia. Per esempio, quando ci troviamo davanti ad opere giovanili, come ha evidenziato Wayne Vesti Andersen (per chi voglia saperne di più sul personaggio: http://www.waynevestiandersen.com/), che nel 1993 autenticò le sculture salvate cinquanta anni prima da Piero Carboni.
Prendiamo come esempio il dipinto attribuito a Modigliani "La stradina" esposto al Museo Fattori di Villa Mimbelli.
Davanti a quest’olio su cartone nessun esperto al mondo si schiererebbe per l'autenticità, perché in esso non si scorgono quelle caratteristiche riconducibili all'arte e allo stile di Modigliani – o allo stile macchiaiolo - che tutti conosciamo; quindi solo la storia di quest’opera può far luce sulla possibile appartenenza all'artista, messa in discussione da molti storici dell'arte (probabilmente anche perché non sono stati effettuati studi scientifici su di esso).
A raccontarla in maniera assai suggestiva fu Clemente Fusero nel suo "Il romanzo di Modigliani" pubblicato nel 1958, opera senza nessuna pretesa di attendibilità trattandosi appunto di un romanzo, nel quale chiaramente non vengono menzionate le persone da cui aveva registrato certe informazioni né alcuna fonte biografica.
Le fonti dirette, invece, ci riportano a una pubblicazione di Llewelyn Lloyd (1879-1949) dal titolo Tempi andati a cura di Roberto Papini, che ebbe l'intuizione geniale di raccogliere le memorie dell'artista anglo-italiano quando fu suo ospite a Firenze, per poi pubblicarle in questo bel libro del 1951. Lloyd raccontava i tempi in cui era allievo di Micheli con altri giovani artisti, tra cui anche Modigliani: "Andavamo a dipingere insieme all'aria aperta ma l'unica cosa che gli vidi dipingere a fianco a me fu una strada di campagna in quel di Salviano, al dopo sole d'inverno. Dipingendo a fianco si faceva il motivo pressoché dallo stesso punto di vista".
In queste poche righe Lloyd non descrive il paesaggio dipinto da Modigliani a Salviano (località livornese scambiata da Clemente Fusero con la Banditella), ci illustra solo l'atmosfera: un giorno d'inverno al tramonto (e il dipinto in questione è piuttosto scuro). Scorrendo le memorie, Lloyd prosegue: "Pochi anni fa a una Mostra Sindacale a Firenze ci fu un'altra piccola mostra postuma di Dedo Modigliani, diventato celebre a Parigi. In quella mostra erano tre o quattro opere; rividi quel dipinto a Salviano, imprestato da un fornaio livornese, pittore fallito del nostro gruppo. Seppi che il fornaio, l'aveva imprestato con garanzia di assicurazione da parte dell'Esposizione per molte e molte migliaia di lire". Qui Lloyd si riferisce ad Aristide Sommati, fornaio con la passione della pittura anch'egli allievo di Micheli, che nel 1953 vendette questo dipinto al comune di Livorno.
Sempre a Sommati apparteneva il disegno che lo vedere ritratto eseguito da Modigliani nel 1909 su carta intestata del Caffè Bardi, firmato scherzosamente Benvenuti, nel quale è ben visibile la mano dell'artista.
Involontariamente i ricordi di Lloyd ci aiutano a consolidare l'autenticità de La stradina a Salviano; grazie a essi, assertivi in quanto testimonianza attendibile, possiamo rinvenire le origini di questo dipinto; la provenienza, inoltre, è ben documentata e convalidata dai vari passaggi di proprietà: questo è uno dei casi in cui la storia di un'opera diventa essenziale per stabilirne l'autenticità.
Se osserviamo quello che presumibilmente è il quadro dipinto da Lloyd in quella giornata al "dopo sole d'inverno", opera eseguita con ogni probabilità tra il 1895 e il 1899, anch'esso presente nelle Sale del Museo Fattori di Livorno, non appare convalidato il fatto che i due artisti stessero "dipingendo a fianco", così come non è possibile scorgere in esso una medesima condizione di luce che ritroviamo nel dipinto di Modigliani.
È stato probabilmente quest'ultimo particolare a sollecitare l'immaginazione di Clemente Fusero portandolo a coniare per primo la celebre frase "tu non vedi la luce" che nel suo romanzo viene pronunciata da un Guglielmo Micheli non entusiasta di questo dipinto del giovane Modigliani; mentre il maestro Giovanni Fattori - si legge nel medesimo romanzo - si mostrò compiaciuto per questo paesaggio interpretato in maniera originale, ma non per il "ritratto di bimbo" ritenuto troppo accademico.
L'esigenza di un nuovo e completo catalogo ragionato delle opere di Amedeo Modigliani.
Con l'avvicinarsi del centenario dalla morte di Modigliani del 2020, sale in maniera esponenziale il numero degli esperti o presunti tali, che vorrebbero conquistarsi la leadership di 'massimi esperti' per vedere riconosciuta la propria credibilità nell'attesa di questo grande evento che, con buona probabilità, non mancherà di creare nuovi scandali e speculazioni ai danni del grande artista e dei visitatori.
Appare chiaro che la nuova tendenza di certi personaggi che intendono autoproclamarsi esperti dell'artista, sia quella di usare la scienza, ognuno proponendo un proprio protocollo scientifico, con lo scopo di dare credibilità alle opere da loro certificate al fine di immeterle nel mercato dell'arte. Metodi scientifici totalmente opinabili quando non si hanno a disposizione i giusti metri di comparazione (prelievi sulle opere nei differenti periodi di attività dell'artista), e certificazioni prive di ogni valore (in previsione di una ipotetica vendita), dal momento che le case d'asta non riconoscono nei redattori nessuna autorità su Modigliani.
Il risultato di questa situazione che si è venuta a creare è sotto gli occhi di tutti: la produzione artistica di Modigliani si è 'arricchita' negli ultimi anni di 'opere' senza la ben che minima storia e/o provenienza (quando ne sono provviste sono spudoratamente inventate), addirittura senza un mittente e, non per ultimo, infinitamente distanti dallo stile unico, inconfondibile e inimitabile dell'artista. Questa vera e propria depredazione dell'arte di Modigliani, si è generata grazie all'imbarazzante incompetenza di vari personaggi che si sono occupati di questo artista o se ne stanno occupando tutt'oggi, i quali hanno inserito e continuano a inserire in vari cataloghi od a esporre in mostre, ovviamente a fini truffaldini, delle opere non autentiche generando caos e mandando così fuori strada appassionati, addetti ai lavori, ma anche diversi storici dell'arte.
Se vogliamo, la mancata presa di posizione da parte della cosiddetta "critica specializzata" riguardo ai falsi esposti a Palazzo Ducale di Genova, è una chiara dimostrazione che le loro uniche intenzioni non sono quelle proteggere l'immagine e l'opera dell'artista, bensì di attendere un assai improbabile errore di valutazione da parte dei veri esperti che hanno denunciato questa vergogna: Carlo Pepi e Marc Restellini per le opere di Modigliani, Marc Ottavi per quelle di Kisling.
Il caso di Genova è anche fondamentale per capire il ruolo importante, fondamentale nella fattispecie, che hanno le analisi chimiche dei pigmenti e dei supporti per attribuire o disattribuire le opere d'arte. A proposito degli expertise scientifici, non è azzardato dire che sui dipinti di Modigliani, la maggior parte dei quali si trovano a Parigi (dei 337 dipinti catalogati da Ceroni, 114 si trovavano in Francia e 104 sparsi in America), non esiste al mondo un protocollo scientifico più affidabile di quello realizzato dall'Institut Restellini, anche perché nessun altro esperto (in ambito scientifico) a parte l'esperto francese, ha avuto la possibilità di studiare scientificamente le opere delle collezioni da lui curate (che vanno da P. Alexandre a L. Zborowski) e che hanno dato origine a un corpus di analisi scientifiche (chimiche) che copre praticamente l'intera produzione pittorica dell'artista livornese. Recentemente l'Institut Restellini, dopo Parigi, ha aperto altre filiali a New York, Londra, Dubai e in Svizzera dove l'esperto francese ha rilevato le strutture e il personale scientifico del laboratorio SGS del porto franco di Ginevra.
Ad oggi, il catalogo più affidabile in assoluto è il Ceroni anche se è tuttavia risaputo che l'autore, nelle sue due catalogazioni, ha incluso solo le opere che ha potuto vedere di persona in Europa su alcune delle quali egli stesso espresse dei dubbi sull'autenticità (vedi i dipinti esposti alla galleria Charpentier nel 1958); si può considerare quindi, senza sminuirne il valore, come un lavoro incompiuto.
Fatte queste premesse appare chiaro che ci sia una forte esigenza di fare ordine e pulizia sulle opere di Amedeo Modigliani attraverso una nuova e completa catalogazione, ed è - a mio avviso - Marc Restellini l'unico che può portare a termine questo progetto essendo dotato, sia di un'indiscussa competenza professionale, sia di un'indubbia integrità morale visto che egli è un esperto indipendentemente dal mercato dell'arte.
Marc Restellini ha identificato dozzine di falsi di Modigliani e ha persino ricevuto minacce di morte mentre lavorava al catalogo ragionato dell'artista. Imperterrito, ha rinnovato le richieste per la distruzione dei falsi in una nuova intervista al quotidiano francese Le Monde ripresa anche da Artnet:
Marc Restellini: "E'questo il ruolo dei musei francesi di legittimare i falsi Modigliani? "
Questo specialista del pittore italiano, che ha identificato centinaia di opere realizzate dai contraffattori, chiede la loro distruzione.
Ex direttore della Pinacoteca di Parigi e specialista di Modigliani, Marc Restellini lavora alla produzione di un catalogo ragionato del pittore italiano. Ha contribuito, con il collezionista italiano Carlo Pepi, a far scoppiare uno scandalo clamoroso in Italia, a marzo, dopo aver denunciato la presenza di molti falsi conosciuti in una mostra a Genova.
Modigliani è famoso per essere uno degli artisti più copiati. Per quali ragioni?
Questo non è un caso isolato: Corot, ad esempio, lo è molto di più. Ma Modigliani è senza dubbi tra quelli più provati a copiare, probabilmente perché all'apparenza risulta "facile" fare un Modigliani. Un artista quasi impossibile da falsificare. Dalla sua morte nel 1920, la sua valutazione è salita, ma il primo falso non comparve prima del 1935-1940.
Alcuni contraffattori affermarono di aver falsificato Modigliani già negli anni '30, ma questi sono spesso persone senza scrupoli che cercano di farsi pubblicità. La maggior parte della produzione dei falsi Modigliani risale agli anni 1955-1970. Falsificazioni in numero elevato. Quattro o cinque falsari tornano puntualmente nella documentazione che stiamo elaborando. Laddove l’opera di Modigliani si rivela come un caso particolare, è che negli anni 50 sono gli stessi catalogatori del pittore che avvallano e sviluppano falsi.
Quali sono i tuoi metodi per ottenere un'expertise scientifica indiscutibile?
Per vent'anni ho stabilito un protocollo di analisi scientifiche paragonabile a quello che viene fatto nel campo medico. Inizialmente consisteva nell'analizzare un gruppo di dipinti riconosciuti come autentici dalle raccolte storiche e dalla documentazione sorgente (archivi) come quelli dei mercanti o dei collezionisti diretti di Modigliani. Poi ho sviluppato un protocollo di analisi scientifica, lo stesso per venti anni, al fine di stabilire una base comparativa solida che mi permette di sapere, mese per mese tra il 1905 e il 1920, come Modigliani dipinse.
Oggi dispongo di un corpus con una base «immaginometrica» che non è mai stata utilizzata. Associate ciò ad una base documentale che raggruppa tutti gli archivi che sono in mio possesso ed otterrete, di fatto, il catalogo il più attendibile possibile.
Quanti falsi hai identificato finora?
Almeno diverse centinaia. I cataloghi di Christian Parisot o Joseph Lanthemann, ad esempio, contengono un numero di opere dubbie che meritano un'accurata pulizia.
Cosa dovrebbe essere fatto per arginare l'onda del falso?
In casi precedenti, ho sbagliato a non chiedere la distruzione delle opere. D'ora in poi, lo chiederò ogni volta che vedrò una mostra pubblica falsa. Ed è perché ho sempre combattuto la produzione di falsi che ne rivendico oggi la loro distruzione.
Leggi anche: Collezione da Tiffany - New York Times - Catalogue raisonné projects - Entrevista a Marc Restellini
Maurizio Bellandi